È con grandissimo dolore e commozione che vi comunichiamo che Amedeo Quondam (Penne in Teverina, 31 agosto 1943 - Roma, 29 marzo 2024) ci ha lasciati.
Amedeo Quondam è stato uno dei più grandi italianisti degli ultimi decenni, un maestro riconosciuto nel mondo, autore di imprescindibili studi sulla letteratura italiana di tutti i secoli. Dopo aver vinto il concorso a cattedre come professore ordinario nel 1976 a Cagliari, ha insegnato Letteratura italiana alla Sapienza dal 1978 al 2013, quando è stato nominato professore emerito.
Dal gennaio 1996 all’ottobre 2002, e dal novembre 2005 all’ottobre 2008, è stato Direttore del Dipartimento di Italianistica e Spettacolo della Sapienza; ha contribuito alla costituzione del Centro interuniversitario Biblioteca Italiana telematica ( Ci-BIT, BibIt ) di cui dal giugno 2000 al giugno 2011 è stato Direttore. È stato anche tra i fondatori e poi Presidente del Centro studi «Europa delle Corti» , ha partecipato alla progettazione del portale «Internet Culturale» del Mibac, alla sperimentazione di Italica, Facoltà virtuale di Rai International, di cui dal gennaio 1998 al dicembre 1999 è stato preside e in qualità di rappresentante della Sapienza ha contribuito alla fondazione del Consorzio interuniversitario Icon.
La sua instancabile attività scientifica e organizzativa (https://www.italianisti.it/associazione/soci-e-associati/quondam-amedeo e https://uniroma1.academia.edu/AmedeoQuondam) lo ha reso un protagonista assoluto degli studi dell’area dell’italianistica fino a oggi, in Italia e nel mondo.
Amedeo Quondam fu tra i fondatori nel 1996 dell’ Associazione degli Italianisti, di cui è stato eletto segretario e poi Presidente per due mandati dal 2005 al 2011. Da Presidente emerito ha continuato a seguire la vita dell’Associazione partecipando regolarmente ai congressi e alle iniziative scientifiche dell’Adi.
La comunità universitaria, le colleghe e i colleghi della Facoltà di Lettere e Filosofia e del Dipartimento di Lettere e Culture moderne, l’Associazione degli Italianisti lo hanno ricordato assieme alla famiglia sabato 6 aprile 2024, alle 10.30 nell’aula I della Facoltà di Lettere e Filosofia della Sapienza.
Di seguito i discorsi pronunciati in occasione della commemorazione.
Per Amedeo
di Silvia Tatti, Presidente dell'AdI (scarica il pdf)
Come Presidente dell’Associazione degli Italianisti voglio ricordare, oltre all’amico e al collega, il ruolo determinante che ha avuto Amedeo Quondam all’interno dell’Associazione dalla sua fondazione fino ad oggi. Amedeo fu uno dei fondatori, nel 1996, dell’ADI, di cui poi fu segretario e Presidente, quest’ultimo ruolo per due mandati dal 2005 al 2011.
Il progetto, nel quale Amedeo ebbe un ruolo centrale e che portò avanti con determinazione in tutte le sedi, era stato originariamente quello di fondare una comunità internazionale aperta a studiosi di tutte le discipline dell’area dell’italianistica, in grado di incidere sulle politiche universitarie e sulle scelte culturali.
Il ruolo strategico che Amedeo attribuiva all’Associazione risulta in tutte le azioni svolte anche da presidente emerito all’interno dell’ADI; d’altronde mi sembra di poter dire che per lui la fondazione e la partecipazione alla vita dell’Associazione rientrava all’interno di una costellazione di iniziative volte a costruire un sistema, in cui trovavano posto diverse caselle del lavoro dell’italianista inerenti il lavoro scientifico, ma anche la rappresentanza istituzionale, l’innovazione tecnologica, la forza associativa; se pensiamo al numero di associazioni, consorzi, centri di studi, comitati, organismi nati per iniziativa e su sollecitazione di Amedeo Quondam ci rendiamo conto di quanto il suo inesauribile lavoro di grandissimo studioso, lungi dall’essere sviato da altre attività, trovasse invece il suo compimento proprio negli aspetti organizzativi e istituzionali.
Penso che attività scientifica e attività organizzativa si siano legate strettamente in Amedeo, a fare sistema, una parola che gli piaceva, che era nelle sue corde; i suoi studi sulle forme del vivere, sulla natura dell’uomo di lettere, sul senso profondo della ricerca e della filologia umanistica, sul nesso tra letteratura, morale, civiltà, si traducono, sul piano istituzionale, nel tentativo di individuare delle forme all’interno delle quali collocare il nostro comune lavoro, di non disperderlo in questioni oziose, come troppo spesso accade, di trovare un senso a quello che facciamo, anche ragionando per sistemi, paradigmi, chiavi interpretative (tutte le parole del lessico scientifico di Quondam) in grado di illuminare e guidare il nostro presente.
Amedeo, coniugando attività scientifica, organizzativa e istituzionale, ci ha mostrato come la letteratura e la filologia non siano mai inerti, mai scisse anche negli aspetti minuti da categorie interpretative del mondo, e di questo io, come rappresentante degli italianisti, gli sono enormemente grata, per aver avuto il coraggio di interrogarsi continuamente sul nesso tra il passato e il presente, sul senso della storia e della memoria, per aver cercato, con grande perseveranza e con grande passione di dare una forma al nostro lavoro e conferire prestigio al ruolo del filologo, e di conseguenza ai suoi studi.
Il motivo del suo carisma e della sua capacità di coinvolgere tante risorse e persone nei progetti che continuamente immaginava e poi effettivamente realizzava, spesso intercettando tempestivamente le trasformazioni, nasce anche da questa sua visione del nostro lavoro come inserito in un processo che non può perdere le sfide della modernità tutto coltivando con pazienza, acume, intelligenza, i segni, anche minimi che il passato ci ha lasciato: le parole e i testi , ma anche le immagini, le monete, le iscrizioni, i castelli, le case, i vestiti.
Il tema della memoria, assunto in questo senso alto e stimolante, tornava spesso anche legato all’Associazione.
Una delle sue proposte che vogliamo portare a termine è quella di ordinare l’archivio dell’ADI, che avevamo portato a casa sua perché lui lo potesse più facilmente consultare e sistemare; ma non si trattava assolutamente di una autoreferenziale volontà di conservare e ordinare la storia dell’ADI, ma, in linea con quanto appena detto, come un modo per confrontarsi, attraverso la storia dell’Associazione, con un metodo, che era il suo metodo di lavoro, volto a cercare negli archivi, nei tasselli del passato, nei segni che emergono dalle carte e anche dagli archivi digitali, un significato aggiuntivo, un elemento di forza, una chiave di lettura. Non un archivio quindi passivo, ma un archivio parlante al quale affidare, in questo caso, un compito identitario. Abbiamo trasferito l’Archivio da Pisa, dove si trovava nello studio di Marco Santagata, a Roma; la volontà di Amedeo era di sistemare l’Archivio nella Facoltà di Lettere e Filosofia, dove ha sede l’Associazione.
Un altro dei suoi progetti che vogliamo portare avanti è quello di rilanciare il sito di Biblioteca italiana. Amedeo ha partecipato all’ultimo direttivo dell’Associazione che si è tenuto online in febbraio; in quell’occasione ha proposto al direttivo il trasferimento della proprietà del dominio di Biblioteca italiana all’ADI, pensando che l’associazione che rappresenta gli italianisti e che ha la sua sede legale presso il Dipartimento di Lettere e culture moderne della Sapienza dove è incardinata anche Biblioteca italiana fosse la struttura meglio in grado di gestire anche da un punto di vista scientifico il sito, assieme al Dipartimento. Biblioteca italiana rimane uno dei siti più utilizzati dagli studiosi di letteratura italiana ed è alla lungimiranza di Amedeo Quondam che dobbiamo la sua esistenza.
Sono sicura di interpretare il sentimento di tutta la comunità degli italianisti nel rivolgere un grande grandissimo grazie ad Amedeo Quondam, allo studioso autore di libri insostituibili, al presidente emerito Adi che ha sempre avuto nel cuore l’Associazione, al collega che ha difeso e promosso in tutte le sedi gli studi di letteratura italiana, all’amico generoso e affettuoso.
Tutta la comunità degli italianisti ha commemorato a distanza con affetto e commozione Amedeo sul sito, dove abbiamo pubblicato la sua bibliografia e alcune testimonianze; molti del direttivo ADI hanno mandato un messaggio e moltissime sono le colleghe e i colleghi che hanno partecipato in presenza alla commemorazione del 6 aprile in Sapienza.
A nome dell’intera Associazione e della Comunità degli Italianisti rivolgo un saluto affettuoso e le più sentite e partecipi condoglianze alla famiglia, alla moglie Marilena, alla figlia, ai figli, ai nipoti.
Amedeo Quondam, lo studioso
di Beatrice Alfonzetti (scarica il pdf)
Unico nell’ambito degli studi umanistici per intelligenza critica e capacità di ripensare e capovolgere pregiudizi e schemi storiografici secolari, Amedeo Quondam è un vero maestro. Non come si intende spesso nella comunità accademica il maestro, cioè colui che educa e porta avanti i suoi allievi, bensì come un caposcuola in grado di formare, con i suoi generosi interventi, lezioni, conferenze e con i suoi ineguagliabili libri, studenti e studiosi: in una parola tutti coloro che intendano apprendere.
Marc Fumaroli, nella presentazione qui a Roma di Forma del vivere. L’etica del gentiluomo e i moralisti italiani, il Mulino 2010, ha sostenuto che Quondam ha modificato la storia della filosofia del Cinque e Seicento. Affermazione che, nella sua estrema sintesi, restituisce perfettamente il senso del perché Quondam si sia così tanto soffermato su alcune figure e opere fra Umanesimo e Rinascimento: è da Petrarca, come da Vasari, che si avvia il processo di discontinuità e rinascita con gli antichi e al tempo stesso la riflessione sull’etica laica dopo la Scolastica; riflessione che impronta i trattati di Castiglione, Guazzo, Della Casa: Il Cortegiano, il Galateo, la Civil conversazione. È questo il modello italiano diffusosi in tutte le corti europee durante la metamorfosi dal signore guerriero al gentiluomo: metamorfosi illustrata nello splendido Cavallo e cavaliere. L’armatura come seconda pelle del gentiluomo moderno (Donzelli 2003), in cui la storia di un’armatura, commissionata da Enrico XIV di Svezia, ha un significato più ampio sul modificarsi della funzione d’uso primaria dell’armatura da strumento di difesa e offesa a icona dello status del signore. Nel processo di nascita delle corti moderne europee la funzione del letterato è strategica: solo con la promozione delle Muse il principe diventa il gentiluomo che con liberalità e munificenza professa la virtù e l’onore, in senso etico ed estetico. Ed ecco il fortissimo rilievo simbolico dato da Quondam all’incoronazione di Petrarca in Campidoglio, percepita dallo stesso poeta come frattura e rinascita, possibile solo nel colloquio con gli Antichi. Di qui il provocatorio Petrarca, l’italiano dimenticato (Rizzoli 2004) avverso non tanto a Dante ma al culto dell’Alighieri esploso nell’Ottocento, anzi alla contrapposizione fra i due grandissimi perpetratasi ben oltre l’Ottocento sino ai giorni nostri. Qui e altrove Quondam discute la ragione ideologica del legame fra Dante e l’identità nazionale anche in relazione ai paradigmi ottocenteschi e soprattutto alla Storia della letteratura italiana di Francesco De Sanctis al quale, nel secondo anniversario della nascita, ha dedicato l’importante volume De Sanctis e la “Storia” (Accademia pontaniana 2017, poi ampliato e rivisto, Viella 2018). E per inciso noto come Quondam non abbia mancato mai un appuntamento: nel 2011 quando noi fra Prin, riunioni e convegni ci affannavamo a celebrare anche con lui i 150 dell’Unità, ecco apparire il suo agevole e originale Risorgimento a memoria (Donzelli 2011): un’antologia delle poesie imparate a memoria negli anni scolastici di 50-70 anni fa. Non certo una trovata estemporanea, ché da decenni Quondam poneva interrogativi di fondo alla nostra tradizione letteraria, ancora ancorata allo schema desanctisiano della decadenza (dal 1400 al 1600) e della rinascita settecentesca. Restituendo al grande critico irpino la funzione che gli fu propria all’interno della critica romantica e della missione di apostolato laico, Quondam rivede lo schema della nostra tradizione letteraria con pesate e documentate argomentazioni: come il Rinascimento inventando la sincronia con gli Antichi inventa il Medioevo, così la Rivoluzione francese e il Romanticismo inventano l’Antico regime e il Classicismo. La singolarità tutta italiana è stata quella di non valorizzare i secoli e gli autori della cosiddetta decadenza, persistendo i nostri studi nell’uso di formule quali il letterato cortigiano, detto in senso spregiativo persino di Ariosto oltre che di Marino.
La produzione di Amedeo Quondam, infaticabile ricercatore e inventore di tipologie, categorie culturali e antropologiche, alla base della stessa storia e critica della letteratura, è davvero prodigiosa. Non si contano interventi e libri sin dalla prima monografia su Gravina del 1968 all’ultima di oltre 700 pagine, Una guerra perduta. Il libro letterario del Rinascimento e la censura della Chiesa, Bulzoni 2022, 165° volume della Collana “Europa delle Corti” da lui fondata.
E se non ha senso qui elencare tutti i suoi lavori, vorrei almeno avanzare una proposta, ora che non ci sarà più uno studente a poter udire una sua lezione al Dottorato di Italianistica o al percorso di eccellenza del corso di studio in Filologia moderna: adottare un suo libro nei corsi universitari di letteratura italiana, come testo metodologico, un classico per l’appunto. Penso che Rinascimento e classicismi. Forme e metamorfosi della modernità, il mulino 2013, risponda perfettamente allo scopo, trattando questioni che vanno dal Medioevo al pieno Ottocento. Il libro rilancia quasi tutti gli esiti del percorso di Quondam che innanzi tutto insegna a pensare e a non dare niente per scontato, a patto tuttavia che lo si voglia davvero.
Grazie geniale maestro, anche per non esserti sottratto in occasioni pubbliche e amicali al dialogo sul Sette e Ottocento, su cui comunque trovavamo un punto di incontro.
Uno straordinario trascinatore nel decollo agli studi
di Italo Pantani (scarica il pdf)
Nulla dirò in questa sede dell’ampia e preziosa produzione scientifica di Amedeo Quondam, o della sua eccezionale capacità di dar vita a progetti e centri di ricerca: una breve sintesi di queste sue qualità ho fornito in altro contesto, e molti colleghi le hanno accuratamente illustrate. Il mio intervento nasce invece da una forte esigenza di dare testimonianza delle trascinanti iniziative con cui Quondam avviava alla ricerca chi gli mostrava potenzialità incoraggianti; e soddisferò questa esigenza attraverso i miei ricordi di non più giovane allievo: tuttora convinto della correttezza di tale qualifica, benché essa gli evocasse con orrore l’immagine della chioccia accademica seguita da pigolanti pulcini. Non potrei definirmi altrimenti, infatti, ripensando ai quarant’anni trascorsi dal novembre del 1983, quando in Sapienza iniziai a frequentare le lezioni di quel giovane professore, a me, liceale di paese, del tutto sconosciuto; ma che mi avrebbe presto trascinato, con e dopo la tesi, nel mondo della ricerca. Pubblicamente, non ho mai avuto occasione di esprimergli in questa forma la mia gratitudine; in privato sì, per fortuna, ma soltanto tre mesi fa, per lettera, dopo averlo incontrato, trovandolo estremamente provato dalla malattia, nel commiato dall’insegnamento di una collega cara ad entrambi. A quella lettera sono perciò estremamente legato; e ad alcuni suoi brani vorrei ancora affidarmi, per l’intento che mi sono posto.
«Caro professore, mi ha molto addolorato vederla così sofferente, e venire a conoscerne le cause. Allo stesso tempo, mentre assistevo a un incontro così ricco di memorie affettuose, riflettevo su quanto mi sia mancata un’analoga possibilità di rievocare pubblicamente episodi da noi condivisi, belli, decisivi per la mia formazione. Poiché così non è stato, oggi non vorrei limitarmi a inviarle i più cari auguri natalizi, e di condizioni di salute migliori; ma vorrei provare a rivivere alcuni di quei momenti almeno con lei.
Se avessi potuto, avrei ricordato anzitutto quale felice sorpresa provai quando, sentita la mia richiesta di tesi, al posto delle griglie d’analisi che comunemente assegnava, mi propose di allestire l'edizione critica di un poeta quattrocentesco di cui nulla sapevo; e l'appassionante esperienza che ne seguì di ordinare (con decine e decine di lettere cartacee scritte da me e firmate da lei) i microfilm integrali dei manoscritti che non finivo mai di censire, e riceverli dalle biblioteche, e srotolando ogni bobina avvertire l’emozione di accedere a un mondo nascosto di esperienze poetiche, in attesa di nuova luce. Sicché con sollievo accolsi la sua proposta di virare, da un'impresa troppo grande per le mie forze di allora, a uno studio sui lettori del-l’opera, basato su quelle testimonianze, remote ma vive. Anche in seguito, se nei miei studi ho evitato i sentieri dell'antropologia a lei tanto cari, ho invece coltivato l'attenzione per la ricezione a cui lei mi ha introdotto: sono rimasto legato perfino alla palestra estenuante del progetto Biblia, che mi costrinse al censimento e al controllo di migliaia di edizioni quattro-cinquecentesche di libri di poesia; come prova l’allestimento del sito CLIAP, che di quel progetto è sviluppo, e come ideatore porta ovviamente il suo nome.
Ma fin dagli inizi, per quanto faticoso e noioso, eppure necessario alla rilevazione quantitativa dei dati e (per usare un termine a lei caro) alla loro mappatura, l'impegno bibliografico ebbe il merito di proiettarmi in una dimensione fantastica. Appena discussa la tesi, infatti, mi propose di svolgere quel lavoro per l'Istituto di Studi Rinascimentali di Ferrara, dietro compenso economico. Nonostante le mansioni di umile schedatore, quel contratto di tre mesi mi donò un soggiorno a Ferrara di cui riuscii a raddoppiare la durata, tanto mi divertivo: con i pernottamenti in foresteria, che talvolta condividemmo; con la disponibilità di una bicicletta, con cui raggiungere l'Ariostea; con la possibilità di raggiungere facilmente le più importanti biblioteche padane, e di conoscere, ancora giovani, i maggiori studiosi di Rinascimento degli ultimi decenni.
I colpi di scena erano continui. Un giorno le chiesi un qualche soccorso per le ricerche intertestuali della mia tesi di dottorato: ancora non esistevano archivi digitali come la sua Biblioteca italiana, anche perché non esistevano ancora né Internet né i CD-ROM; io disponevo di un archeologico Olivetti dotato di un floppy-drive e di un disco rigido da 20 Mb. Poco dopo mi giunse uno scatolone pieno di floppy: uno contenente il programma di ricerca testuale, gli altri le rime di molte decine di rimatori medievali e rinascimentali; allegate, le sue istruzioni «per il buon uso». Come i microfilm, anche quegli ormai inutilizzabili floppy sono ancora qui accanto a me, nel mio studio.
Per finire, oltre che per queste e altre innovative metodologie di ricerca, le sono anche grato per aver ispirato, e reso più consapevole, il mio disgusto verso i luoghi comuni che ancora viziano l'immagine di testi e protagonisti straordinari della nostra tradizione letteraria, soprattutto di età rinascimentale. Le conclusioni che vado maturando non la troverebbero forse sempre d’accordo, ma nascono dalla sua stessa esigenza di verità».
A seguito di questa lettera, dopo quasi quarant’anni di attività scientifica e didattica condivisa (pur con lunghe pause), Quondam decise di darmi del tu; mi invitò perfino a fare altrettanto! Mi propose anche di collaborare a nuovi progetti, come un libro che raccogliesse i suoi studi più recenti sul Petrarchismo lirico, per allestire il quale ci siamo scritti continuamente, in questi tre ultimi mesi. Speravo di portarlo a termine in tempo perché potesse sfogliarlo, e a tal fine ho anche coinvolto giovani forze: ma non è bastato. Sarà ormai, come fin dall’inizio temevo e ho invano cercato di evitare, solo un libro in sua memoria; ma dovrà assolutamente vedere la luce.
Rassegna stampa:
Sapienza, è morto a Roma il professor Amedeo Quondam: studioso delle corti e del Rinascimento aperto ai nuovi media, Corriere della Sera - Roma, 29 marzo 2024
Paolo Di Stefano, Addio a Quondam. La morale della letteratura, Corriere della Sera, 30 marzo 2024
Paolo Di Paolo, È morto Amedeo Quondam, cavaliere delle lettere, La repubblica, 30 marzo 2024
SIES, Décès Amedeo Quondam
Dal Rinascimento fino alle risorse digitali: il mondo della cultura italiana piange Amedeo Quondam, TerniToday, 30 marzo 2024
Gianni Venturi, Addio al celebre umanista. Cordoglio per Quondam, studiò la corte estense, Il Resto del Carlino, 31 marzo 2024
Lorenzo Geri, Una paziente sfida ai “confortevoli paradigmi”. In ricordo di Amedeo Quondam, Fata Morgana web, 1 aprile 2024
Cordoglio per la scomparsa di Amedeo Quondam, Sapienza Università di Roma-Notizie, 2 aprile 2024
Gabriele Pedullà, Amedeo Quondam. Un fiorente classicismo, Il Sole 24ore, Domenica 7 aprile
In ricordo di Amedeo Quondam
Prima dell'AdI
di Guido Baldassarri
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Ho sentito in queste ore ricordare, di Amedeo, il ruolo decisivo che ebbe, in ADI, prima come fondatore, poi come Presidente. Mi perdonino i cofondatori, e i Presidenti e i Segretari che si sono succeduti nella nostra Associazione in questi poco meno di trent'anni di attività: Amedeo è stato molto di più, prima durante e dopo la sua presidenza: è stato in sostanza l'ADI, magari assieme a Marco Santagata e a Vitilio Masiello. Ma io qui voglio ricordare altro: e la materia, in circa sessant'anni di conoscenza e di frequentazione, non mi manca davvero. Sceglierò solo tre immagini. La prima che mi si presenta alla memoria: i tre anni di distanza che ci separavano quando eravamo studenti alla Facoltà di Lettere dell'Università di Roma – lui prossimo alla laurea, io matricola – ci permise subito dopo una frequentazione comune della Biblioteca Nazionale al Collegio Romano, io carico, come allora era necessario, di libri e di fogli di appunti, lui, in aggiunta, senza nulla perdere della sua esuberanza, con una mano dedicata a spingere il passeggino della figlia, sua involontaria compagna nell'esplorazione delle sale e dei corridoi di quel luogo. Il secondo flash è di una quindicina di anni dopo: per l'esattezza, il giorno di Natale del 1982. Era uscito giusto la vigilia il mio primo libro di una qualche consistenza: che Amedeo aveva seguito presso Bulzoni durante tutte le fasi della sua lavorazione, affidando alle cure dello stampatore anche una preziosa edizione tassiana di sua proprietà. In quel Natale, era più ansioso lui di me di consegnarmi la prima copia, a casa sua, alle spalle del Ministero della Pubblica Istruzione: con stupore mio e della moglie, per un incontro, e un'attenzione, che a lui pareva invece del tutto normale. Il terzo ricordo è più avanti di qualche anno, in quel decennio: il periodo di fondazione e radicamento, a Ferrara, dell'Istituto di Studi Rinascimentali. Non parlo qui delle attività di ricerca e di organizzazione della ricerca, intensissime, da lui promosse in quella sede: ma di un giorno particolare, quello in cui l'Istituto, fra i pochissimi all'epoca in Italia, ebbe accesso per la prima volta alla posta elettronica, quella che correva su doppino in rame come i fax e le telefonate: ma era l'innovazione, che batteva alle porte anche degli studi umanistici, e Amedeo ne era raggiante. La curiosità, l'apertura al nuovo, prima ancora dei talenti del grande studioso: destinate ad accompagnarlo, per chi ha avuto la fortuna di conoscerlo, per tutta la sua carriera accademica, lunghissima e brillante, e poi per molto dopo, sino agli ultimi giorni. È anche questo, che ricorderemo, che ricorderò, di lui.
L'Ente Nazionale Giovanni Boccaccio ricorda con grande affetto e commozione Amedeo Quondam, scomparso ieri. Professore emerito alla Sapienza, in cui ha insegnato per molti anni, ci ha lasciato studi di enorme portata e profondità culturale sulla letteratura italiana dal Rinascimento all'età moderna, ma anche un commento al Decameron, pubblicato nel 2013, diventato importate riferimento per lettori e studiosi dell'opera. Ci piace ricordare l'entusiasmo con fu accolta dai giovani studiosi della nostra Scuola estiva la sua ultima lezione boccacciana, "I turbamenti del re Carlo il Vecchio (Dec. X6)", tenuta in Certaldo Alta, a Casa Boccaccio, il 28 giugno del 2023.
Quel tavolino colmo di libri
di Lorenzo Geri
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Presentarmi nello studio di Amedeo Quondam, discutere con lui ai margini di un convegno, andarlo a trovare a casa, è sempre stata, per me, l’occasione, più unica che rara, per fare un pieno di energia. Pura energia intellettuale, ricarica dello spirito, capace di far dimenticare all’istante piccole e grandi meschinità e “intoppi” propri di un ambiente, il nostro, molte volte energivoro ed entropico.
La generosità intellettuale di Quondam si manifestava nei termini di una tenace e sorridente maieutica. Alla domanda, immancabile, «Geri, che cosa sta combinando?», bisognava rispondere, se non con un estratto o un dattiloscritto, ai quali prestava una sollecita e sincera attenzione che ripagava all’istante di mille sforzi, perlomeno con un’idea non troppo vaga di un lavoro futuro (un futuro sempre prossimo), oppure con un progetto convincente per un seminario o un convegno. Lo scopo non era ottenere la sua approvazione in quanto tale, ma partecipare di quella continua festa della ricerca ed esercizio dell’ingegno che era una parte così importante della sua vita.
In tutte le fasi di un percorso intellettuale vibrante e a tratti aspro, vivacissimo e sorprendente, che sarebbe riduttivo considerare soltanto in termini di carriera accademica (brillantissima, nel suo caso) e dal punto di vista dei premi, delle presidenze e degli onori (numerosi e meritati), Quondam ha messo al centro la condivisione del sapere, dei metodi, delle indagini. Bastava osservare il tavolino nel suo salotto di casa, dove mi accoglieva con un perentorio «Si segga», affollato di volumi di ogni foggia e genere, inviati da amici, conoscenti, colleghi, oppure acquistati e ricercati con quell’amore concreto e senza fronzoli per i libri che costituisce l’autentica bibliofilia (cosa ben diversa dall’accumulo occhiuto del mero collezionista). Quel tavolino, infatti, rappresentava icasticamente lo scambio intellettuale e lo stato della ricerca. Non a caso, Quondam, nelle sue chiacchierate con le quali chiedeva aggiornamenti e mi aggiornava, partiva spesso da uno o più di quei volumi: «Lo ha visto? Lo ha letto? Lo conosce?». Qualche volta avevo sentito parlare di quei volumi, talora li avevo letti, ogni volta mi emozionavo nel prenderli tra le mani sotto lo sguardo sbrigativo di Quondam, pronto a passare ad un altro libro, ad un altro argomento (era sempre aggiornatissimo su tutto quello che riguardava la nostra disciplina e quelle affini).
Mi sono riferito alla maieutica esercitata da Quondam, ma non si creda che il suo fosse solo un acuto interrogare. Era solito, infatti, ragguagliare sulle sue ricerche in corso. Ho avuto, dunque, la ventura, di vedere nascere il commento al Decameron, Forma del vivere, l’edizione rinnovata del suo amato Cortegiano, le polemichette che si trasformavano nel poderoso volume sul libro letterario del Rinascimento e la censura della Chiesa, e di sentire discutere, con sottile malinconia, dei libri non ancora scritti, che non si stancava mai di continuare a progettare.
Di fronte a tanto ardore intellettuale, i suoi discorsi sulla crisi delle istituzioni culturali, delle scienze storiche, dell’italianistica, delle biblioteche, si svelavano come sileni da aprire con cura per scovare, dentro tanta desolazione apparente, il rigoglio di un’intelligenza mai doma, una speranza per chi intenda continuare, nonostante tutto, a studiare e riflettere.
Bibliografia degli scritti di Amedeo Quondam
a cura di Lorenzo Geri
È qui disponibile la Bibliografia degli scritti di Amedeo Quondam, a cura di Lorenzo Geri, che prosegue e integra quella curata dallo stesso Quondam per il sito dell’ADI