Dire la morte. Forme della consolatoria in Italia tra Tre e Cinquecento

Convegno di studi, 15-16 marzo 2018, Dipartimento di Studi umanistici, Università degli studi di Torino

Da Cicerone a Seneca, da Ambrogio ad Agostino la consolazione e l’autoconsolazione costituiscono, per l’antichità così come per il cristianesimo, un momento fondamentale dell’elaborazione del lutto, e del patteggiamento con la vita di fronte al problema di sopravvivere alla morte di chi ci è caro. Dal Duecento in poi, con lo snodo imprescindibile di Petrarca, la letteratura italiana innesta nella poesia lirica, e nella struttura dei canzonieri, momenti di lutto e di consolazione, declinandoli nei modi più vari. In assenza di un genere codificato, la pratica della consolazione si volge così al tombeau, alle rime vedovili, all’encomio funebre: gli intellettuali italiani continuano a coltivarla nella forma dell’epistola e dell’orazione, tentando di offrirne modelli esemplari. Questo seminario di giovani studiosi vuole indagare le forme plurali, e tuttavia sufficientemente codificate, di un discorso consolatorio che si sviluppa dopo Petrarca, e attraversa il Cinquecento italiano.


Allegati

Back to top